Riportiamo qui la testimnianza di Gionni su come la Fede lo ha aiutato e lo aiuta a sopportare le conseguenze dell’incidente in motorino occorso circa 15 anni or sono.
Lo scritto verrà distribuito a tutti i ragazzi italiani iscritti alla GMG di Rio2013 l’11 febbraio, in occasione della ricorrenza della Madonna di Lourdes.
E’ una testimonianza che ci aiuta a riflettere sui veri valori della vita….

TESTIMONIANZA

Mi chiamo Gionni. Sono un ragazzo di 32 anni, vivo in Piemonte e 15 anni fa ho avuto un incidente con il motorino che mi ha cambiato totalmente la vita. Ecco il mio racconto.

Il mio rapporto con la Fede e con la Chiesa prima del mio incidente era abbastanza normale: praticante, ho ricevuto tutti i sacramenti e ho frequentato il catechismo. Dall’età di 8 anni fino all’età di 13 frequentavo la messa alla domenica mattina. Poi andavo meno, ma la Fede c’era sempre, forse non la manifestavo bene.

La mia prima vita, quella prima dell’incidente, è stata quella di un ragazzo cresciuto molto velocemente a causa di problemi in famiglia. Non ho passato un’infanzia tutta spensierata e felice. I miei pensieri non erano il giocare o divertirmi con i miei coetanei, ma erano quelli di aiutare mia mamma, accudire mia sorella che era di 2 anni più giovane di me e dopo qualche anno di mio fratello più giovane di me di 13 anni. Finite le scuole medie, ho iniziato a lavorare: prima ho cominciato come aiutante muratore e poi ho avuto la possibilità a 15 anni di entrare in una piccola fabbrica. Piano piano ho imparato il lavoro e mi piaceva tanto. I soldi servivano in famiglia e quindi il mio stipendio lo lasciavo sempre a mia mamma . La mie giornate erano lavoro, casa e amici. Ho lavorato fino a quando ho avuto l’incidente, a 17 anni. Ero un ragazzo molto semplice sin da bambino, timido in certi momenti e molto forte in altri. Mi piaceva la pace, aiutare gli altri e cercavo sempre di comportarmi bene con tutti. Non mi piaceva litigare o bisticciare. Avevo amici con cui alla sera ci si incontrava al bar per chiacchierare. Ma tante volte prendevo il mio motorino e uscivo da solo, mi piaceva tanto: c’è stato un periodo tra i 16 anni e fino al mio incidente che il mio migliore amico era proprio il motorino. Al sabato uscivo alla sera per andare a ballare, ogni tanto un po’ di libera uscita ci voleva.

Il 6 luglio del 1997 stava per cambiare la mia vita. Era una domenica d’estate, un sole caldo e un cielo azzurro, proprio una bellissima giornata. Come mia abitudine ogni domenica prendo il mio motorino e nel cortile di casa incomincio a lavarlo e pulirlo: lo trattavo come se fosse per me una Ferrari. Lo lascio asciugare, era ora di pranzo, quel giorno avevo a pranzo dei parenti. Come mia abitudine dopo pranzo prendo il motorino bello pulito e vado al bar in paese per incontrarmi con gli amici, ma dal momento che lascio casa non ricordo più nulla, fino a………

Dal momento che lascio la mia casa al momento del mio risveglio passano 6 giorni, e tutto quello che è successo in quei giorni mi e stato raccontato.

Questo è il racconto che mia mamma mi fece: Erano le 2 del pomeriggio, stavo lavando i piatti quando ad un tratto due ragazzi amici di mio figlio mi dicono che ha avuto un incidente. Mentre il padre e lo zio sono subito andati a vedere io rimasi a casa ad aspettare notizie. Nel frattempo sento passare un elicottero e dentro di me avevo la sensazione che andasse a prendere mio figlio. E fu proprio così. Corremmo in ospedale, a 50 Km da casa. Appena arrivati nel reparto di rianimazione mio marito mi dice subito che Gionni non ce l’avrebbe fatta. A quelle parole la mia vita non aveva più senso, ma il Signore ma dato forza e sono andata subito a trovarlo: era su un letto tutto intubato, respirava solo attaccato a una macchina e il resto del corpo era come morto. Subito si avvicinano i dottori e ci danno una sentenza drammatica: speranze di vita non c’è n’erano. Ci hanno rimandato a casa promettendoci che per qualsiasi cosa ci avrebbero subito chiamato. Il giorno dopo Gionni è stato sottoposto alle 23 ad un intervento chirurgico delicatissimo per consolidare le vertebre del collo completamente distrutte dall’incidente. L’intervento è finito alle 4 del mattino. I dottori escono dalla sala operatoria e ci dicono che l’intervento è andato bene, ma cera un’altra triste sentenza: mio figlio a causa delle rottura delle vertebre non potrà più camminare. E’ rimasto 6 giorni in coma farmacologico. Ma il signore l’ha lasciato in vita.

Dopo sei giorni di coma apro gli occhi. Ero senza occhiali e quindi non vedevo bene in che posto ero, ma riuscivo a percepire qualcosa. Mi trovo sul viso una maschera dove respiravo, due tubicini che mi escono dal naso, ma la cosa più strana è che né sento e né muovo più nulla del mio corpo. Una sensazione incredibile, ma in pochi secondi dentro di me sentivo la mia sentenza definitiva, e cioè che non avrei più camminato!! Vicino a me c’era mia mamma. Le chiedo subito cosa mi è successo. Lei mi risponde che avevo avuto un incidente e che ero in ospedale. Subito dopo ho chiesto se il motorino era rotto: ero preoccupato più per il mio motorino che per me!! E poi ho chiesto perché non muovevo più le gambe. Mia mamma non sapendo come dirmelo m’ha detto che era solo per la botta e poi piano piano avrei recuperato. Ma io dentro di me sapevo che non era così, e ho capito subito che non avrei più camminato. Oltre alle gambe non muovevo nessun arto del mio corpo: ero paralizzato dal collo ai piedi. Il giorno dopo il mio risveglio incominciano a farmi la ginnastica. Dopo 8 giorni lascio la rianimazione e vengo spostato nel reparto di neurochirurgia, dove resto fino al 4 agosto. Dopo di che vengo trasferito in un centro di riabilitazione apposta per lesioni al midollo spinale. Dal 5 di agosto incomincia la mia riabilitazione: sia mattina che pomeriggio mi facevano fare ginnastica. Sono stati 7 mesi durissimi. Dovevo affrontare prove incredibili. A 18 anni uno pensa a fare tante cose come lavorare, prendere la patente, stare con gli amici (ma sempre quelli giusti) e cercarsi una ragazza, invece io dovevo solo pensare a lavorare, far ginnastica riabilitativa e sperare di recuperare quel poco che mi era rimasto del mio corpo paralizzato. Mi ricordo che dopo qualche giorno che ero al centro vengo chiamato in ufficio del primario. Io dubitavo il motivo dell’incontro: voleva spiegarmi la mia situazione. Lo ha fatto con parole molto semplici, ma io già avevo ormai capito da tempo qual era la mia disabilità. Il 6 marzo, dopo 7 mesi, lascio il centro di riabilitazione e torno a casa dove inizio la mia nuova “Vita da disabile”. Oggi sono trascorsi 15 anni da quando sono sulla carrozzina, ho fatto tante cose importati anche se non cammino: è da 12 anni che ho preso la patente e guido la macchina siappur con appositi comandi al volante e lavoro in un ricovero di anziani come animatore. Nella mia nuova vita mi diverto tantissimo.

La mia vita da disabile mi ha rafforzato tanto la Fede soprattutto da quando vado a Lourdes. Mi ricordo sempre delle parole di una suora del mio piccolo paese che dopo un mese dal mio incidente mi viene a trovare dicendomi (testuali parole): “Se ancora non sei salito in cielo è perché il Signore a bisogno ancora di te sulla terra”. Io subito in quel momento non ho capito le sue parole, ma tutto è arrivato con gli anni. Il compito era quello di portare con la mia disabilità la serenità, l’allegria e la mia Fede alle persone che mi stanno attorno. Questo è quello che devo fare. Ma andare a Lourdes mi ha cambiato ancora in meglio la mia Vita rafforzando la mia Fede. Il mio primo pellegrinaggio a Lourdes è stato nel 2001 con il treno dell’UNITALSI. Non conoscevo nessuno, ma sono ugualmente partito con la curiosità di andare in questo luogo misterioso (e pensare che prima non sapevo nemmeno chi fosse la Madonna di Lourdes), ma Lei aveva già preparato tutto per il nostro incontro, e soprattutto il modo, cioè la mia disabilità. A oggi sono passati 11 anni dal mio primo pellegrinaggio. Lourdes è un luogo fantastico: davanti alla grotta trovi pace e serenità, forza e allegria. Davanti alla Madonna, il quel silenzio dove senti solo il canto degli uccellini, il dolce soffio del vento che muove le candele che illuminano la Madonna e lo scorrere del fiume, sembra che qualcuno porti via tutti i pensieri e i problemi della gente. La prima cosa di cui sono rimasto molto contento è stato quello di vedere che c’è ancora gente che crede e prega. Purtroppo oggi la gente sta perdendo molto il credo: tutti si aspettano di ricevere un qualcosa.

Chiunque leggerà questa mia piccola testimonianza voglio che sappia che la vita e bellissima, sia per uno che cammina, sia per uno che come me è su una carrozzina. Io posso dire di avere provato tutte e due le vite e sinceramente la mia vita da disabile mi piace tantissimo: ho imparato quanto è bello credere nel Signore e nella Madonna. Crediamo tutti in loro, perché io sono sicuro che ci stanno preparando un mondo bellissimo dove vivremo in pace e in serenità. Ma noi dobbiamo pregare tanto e avere tanta Fede.

Nella vita tutto è possibile: sta solo a noi crederci, aiutati dalla Fede.